Russia, Bulgaria o Cina? E la scuola italiana?

Ivan Abadjiev, Arkady Vorobyev, Alexey Medvedev, David Rigert, nomi conosciuti nel mondo delle palestre, veri e propri miti, esempi da seguire, vite e pensieri da studiare.

Il sollevamento pesi è uno sport dannatamente pragmatico dove, alla fine, conta solo una cosa: IL RISULTATO.

Vanno bene gli studi, le ricerche, le analisi ma poi alla fine tutto si riduce ad un semplice ragionamento: chi vince (o meglio, chi fa vincere), ha sempre ragione!

Ivan, Arkady, Alexey, David, sono alcuni tra i più importanti promotori della nascita e dello sviluppo delle due scuole di pensiero più conosciute e diffuse nella storia dell’ allenamento della pesistica olimpica (e dell’allenamento con i sovracarichi in generale): la scuola Bulgara e la scuola Russa.
Persone, pensieri e metodi agli antipodi ma accomunati da un medesimo risultato: IL SUCCESSO.
Ed allora, come è logico che sia, tutti a cercare di scoprire prima e imitare poi i segreti di coloro che per anni hanno rappresentato e ancora oggi rappresentano il TOP Mondiale, inarrivabile per tutti. Esistono decine di libri e centinaia di articoli reperibili su internet che cercano di illustrarci i pregi e i difetti, i principi e le variabili intrinseche a questi due metodi, ma di fatto nessuno è veramente in grado di sapere e descrivere cosa ci sia veramente alla base del successo di queste filosofie allenanti. E’ considerato che quel poco che sappiamo si scontra con quasi tutti gli studi esistenti sull’allenamento con i sovracarichi, ecco che è difficile anche solo immaginare perchè, abbiano avuto così successo.

Personalmente, penso che l’errore che tutti noi abbiamo fatto nell’approcciarci a questi programmi sia stato quello di volergli dare a tutti i costi una logica, cercando di trovare un nesso scientifico che invece, probabilmente non esisteva. Una base scientifica, implica l’applicabilità in grande scala del “prodotto” testato, cosa che invece non può valere nè per il metodo bulgaro né per quello russo. Se dovessi far testare a uno qualunque dei miei giovani atleti il programma adottato da Abadjev, probabilmente dopo un periodo iniziale di miglioramento questi cadrebbe in un vortice di casini fisici e mentali che porterebbero alla fine della sua carriera. Cosa che per altro era tipica ad esempio in Bulgaria negli anni di maggior successo, quando era consuetudine vedere atleti giovanissimi vincere un campionato mondiale e poi sparire senza un evidente motivo, sostituiti da altri giovani di altrettanto valore.
Ecco quindi, secondo me, ciò che realmente ha fatto la differenza: un bacino pressochè inesauribile di materiale umano, vera e propria carne da macello a disposizione dei tecnici i quali potevano realmente sperimentare sul campo tutto ciò che la loro mente era in grado di partorire. Potremmo anche parlare di legge dei grandi numeri: su un bacino di giovani atleti potenzialmente infinito, sopravvivevano solo i migliori o, forse, coloro che riuscivano più degli altri ad adattarsi a quella programmazione. Al di là di tutte le logiche e dei principi allenanti, questo è l’elemento che secondo me rende le due scuole troppo specifiche in quelle realtà e pertanto non esportabili in altre culture, non senza forti adattamenti che comunque finirebbero per snaturarne il senso.

E’ vero che un atleta come Naim Suleymanoglu arrivava a fare fino a 15 allenamenti settimanali con intensità variabili tra l’85 ed il 100% del proprio massimale (negli esercizi da gara e nello squat), ed è altrettanto vero che i risultati ottenuti da questo atleta porterebbero a pensare che quella sia la strada da seguire per far crescere un atleta d’èlite. Ma forse, più semplicemente atleti come Suleymanoglu erano il frutto di una selezione naturale specifica, e per un atleta che ha conquistato 3 medaglie d’oro olimpiche ce ne sono stati magari altri mille che non hanno sopportato quei ritmi e si sono arresi prima ancora di iniziare a competere.
A dimostrazione di questo, portando un esempio recente, l’unica nazione che ha davvero eguagliato i risultati di Bulgaria e Russia è la Cina.
Addirittura si parla già da anni di Scuola Cinese e, guarda caso, il sollevamento pesi da quelle parti è sport nazionale con “giusto appena” un milione e mezzo di praticanti. Ha dunque senso cercare di applicare concetti così estremi ai nostri allenamenti?Credo che, come molto spesso accade, la verità stia sempre nel mezzo.

Dobbiamo fidarci maggiormente delle nostre esperienze e prima di pensare al perchè “quelli la” vincono più di noi, dobbiamo ragionare sul perchè NOI non riusciamo a farlo. Tutto come al solito VA CONTESTUALIZZATO! La scuola bulgara, ha storicamente forgiato campioni in categorie di peso medio basse, la scuola russa viceversa in quelle medio alte. Il migliore esponente della scuola bulgara abbiamo detto essere Naim Suleymanoglu, un nanetto di circa 62kg. Il miglior esponente della scuola Russa è stato probabilmente Yury Zacharevic che ha spadroneggiato nella cat. Dei massimi fino a 110kg.
Anche questo non è un caso: i ritmi bulgari, sono più facilmente assimilabili da atleti che pesavano poco e che quindi riuscivano ad ottimizzare meglio i tempi di recupero.
Il lavoro Russo invece, basandosi moltissimo sulla Forza fisica, tende a privilegiare coloro che hanno parecchia forza e dunque massa muscolare, non certo un 56kg!

Per cui, cerchiamo di comprendere i punti di forza di entrambe le scuole e cerchiamo di assimilare e applicare al meglio i concetti che realmente potrebbero fare la differenza nelle nostre palestre. Perchè noi non abbiamo carne da macello. I nostri giovani sono tutti importanti e come tali vanno trattati. Non possiamo permetterci di capire che il programma era sbagliato dopo che sono arrivati gli infortuni perchè sarebbe ovviamente troppo tardi!

A cura di Alessandro Mossoni